Il plasma funziona?

ll dottor Massimo Franchini, ematologo e primario del centro trasfusioni dell’ospedale di Mantova, lo spiegava bene il 2 aprile 2020 mentre annuncia la sperimentazione presso la sua struttura:

“Il concetto di plasma convalescente – aggiunge – è in pista da 30 anni. Inoltre, nelle altre due epidemie da coronavirus, ovvero la Sars del 2002 e la Mers del 2012 è stato adoperato con successo; infine l’Organizzazione mondiale della sanità ne ammette l’utilizzo nel caso di malattie gravi per cui non ci sia un trattamento farmacologico efficace”.

Tra i primi ad utilizzarla per i pazienti Covid-19 erano stati i cinesi a Shangai. Va approfondito il ruolo degli anticorpi non neutralizzanti, che nel caso della SARS in alcuni casi hanno “stimolato” la replicazione virale.

Non è una terapia per tutti, e fin qua nessun dubbio. Apprendiamo, ad esempio, che la donna incinta guarita a Mantova non rispondeva alle caratteristiche richieste per la somministrazione del plasma, come dichiarato dal direttore generale Raffaello Stradoni in un articolo della Gazzetta di Mantova del 3 maggio 2020 a seguito dell’interessamento del NAS: Non so perché i Nas abbiano chiamato ma sono totalmente tranquillo. Il protocollo sulla sperimentazione è rigido e consente il trattamento solo su alcuni pazienti che devono avere certi criteri.

So che la gestante in questione non rispondeva a queste caratteristiche, ma era molto grave e rischiavamo di perderla, per cui abbiamo somministrato la cura off-label, in ambito compassionevole e l’abbiamo salvata. Non mi risulta comunque che i carabinieri del Nas abbiano sequestrato le cartelle cliniche, hanno solo fato una telefonata Reperire il plasma adatto non risulta facile.

Ecco quanto dichiarato, il 15 aprile 2020 sul Gazzettino di Mantova, dal dottor Massimo Franchini: Il limite principale è individuare i donatori guariti e arruolabili. La seconda difficoltà è la complessità del progetto.

Fausto Baldanti, direttore del Laboratorio Virologia IRCSS San Matteo di Pavia, in un’intervista rilasciata a Lombardia Notizie e pubblicata su Facebook il 2 maggio 2020 aveva spiegato altri limiti. Tra questi la componente neutralizzante che deve essere presente in quantità necessarie:
È quella componente che blocca l’infettività del virus. Questo ci serve per l’identificazione dei pazienti che hanno superato l’infezione e che possono avere nel loro plasma una quantità notevole di questi anticorpi, quindi diventare donatori di plasma per pazienti che sono ancora malati.

 

Si prevede di procedere alla raccolta di plasma da soggetti guariti di recente da COVID-19 precedentemente ospedalizzati o paucisintomatici in quarantena fiduciaria a domicilio e sottoposti a sorveglianza attiva a seguito di test risultato positivo, purché con le seguenti caratteristiche:
– almeno 14 giorni dalla guarigione clinica (risoluzione dei sintomi) e dalla documentazione di negatività di due test NAT su tampone nasofaringeo e su plasma/siero effettuati a 24 ore uno dall’altro immediatamente prima della dimissione del paziente (se ospedalizzato); – eventuale documentazione di negatività di un test NAT su tampone nasofaringeo e su plasma/siero a 14 giorni dalla guarigione (se in quarantena fiduciaria) (richiesta non comune a tutti i protocolli esaminati);
– un adeguato titolo sierico di anticorpi specifici (> 160 con metodica EIA o valore equivalente con altra metodica, sulla scorta di quanto pubblicato in altra casistica).In aggiunta a questi pazienti convalescenti, va considerato che già da ora ma più ancora col passare delle settimane è prevedibile l’aumento del numero di persone che hanno contratto la malattia in forma asintomatica o paucisintomatica e che ne sono guariti;


C’è un problema, non si sa quanto tempo queste persone possono mantenere un livello alto di anticorpi necessari:
Per poter dire se una persona, che ha contratto l’infezione, non si infetterà più con Covid dobbiamo conoscere molte cose. Una delle cose che dobbiamo conoscere è quanto dura la componente anticorpale nel tempo. Cioè, se io supero la malattia e sviluppo alti livelli di anticorpi neutralizzanti, questi alti livelli quanto durano? Per quanto risultano efficaci?

In questo momento di sperimentazione non si è in grado di conoscere quanti guariti possono essere ritenuti donatori. Fare semplici e banali calcoli matematici sulla base del numero dei guariti e dei contagiati risulterebbe scorretta.

Un altro rischio (ipotizzato su modello animale) è che l’immunizzazione passiva legata alla somministrazione di anticorpi possa attenuare la risposta immunitaria lasciando tali soggetti vulnerabili alla successiva reinfezione. Questa possibilità dovrebbe essere ulteriormente studiata, valutando la risposta immunitaria nei soggetti esposti e trattati con “convalescent plasma” per “prevenire” la malattia

CAPITO?? NON HANNO IDEA DI QUANTO DURI IL PERIODO DI IMMUNIZZAZIONE. ED ESSENDO IL VIRUS MUTEVOLE PUO’ RENDERE I PAZIENTI INCURABILI CIOE’ NON TRATTABILI DA UN NUOVO VACCINO. RICORDATE COSA DISSERO DEI VACCINATI ANTINFLUENZALI DI BERGAMO??
SPERIMENTARE NON SIGNIFICA AVERE LA SOLUZIONE E LO RIBADISCONO SOLO LE PERSONE SERIE. QUELLO CHE SI EVINCE, E’ CHE HANNO BISOGNO DI CAVIE CHE FIRMINO UNA LIBERATORIA, TANTO NON SAPREMO MAI CHE FINE FARANNO!!

Qualora sia provata l’efficacia del prodotto, nel medio periodo la disponibilità di plasma iperimmune da donatori abituali guariti potrebbe in principio consentire l’applicazione di processi industriali di preparazione di prodotto di grado farmaceutico attraverso la costituzione di pool specifici da sottoporre a procedure di inattivazione con tecnica solvente e detergente, in modo da ottenere un prodotto standardizzato di grado farmaceutico, con caratteristiche di costanza e ripetibilità (almeno intra-lotto). Questo garantirebbe la produzione di plasma iperimmune a titolo noto e standard di anticorpi anti SARS-Cov-2. E’ raccomandabile un’interlocuzione in tal senso con le industrie farmaceutiche e con l’Agenzia Italiana del Farmaco, AIFA
La dott.ssa De Silvestro e il suo team hanno instaurato una stretta collaborazione bidirezionale con i colleghi dell’Ospedale di Pavia, nell’intento di redigere un protocollo di studio sovrapponibile, sperando così di trattare un elevato numero di pazienti e, di conseguenza, di disporre di informazioni solide sulla validità di un approccio, quello del plasma iperimmune, che potrebbe rivelarsi utile anche nel (probabile) caso si ripresentassero altre epidemie.
A conferma di ciò, insieme al mondo universitario, anche quello farmaceutico si è mosso in questa direzione: da una parte, biotech come Biotest, Bio Products Laboratory (BPL), LFB e Octapharma si sono unite ad un’alleanza costituita da CSL Behring e Takeda, per lo sviluppo di una potenziale terapia di derivazione plasmatica per il trattamento della malattia COVID-19. Dall’altra, Kedrion Biopharma ha fornito ai centri trasfusionali di Mantova, Padova e Pisa, i dispositivi per il trattamento del plasma da soggetti convalescenti, così da poterlo inattivare viralmente e infondere in sicurezza nei pazienti in condizioni critiche. La stessa Kedrion ha inoltre siglato un accordo con Kamada per lo sviluppo di un’immunoglobulina policlonale plasma-derivata Anti-SARs-COV-2. Si tratta di importanti passi avanti per affilare la punta di una freccia terapeutica che tutti si augurano possa centrare in tempi brevi il suo bersaglio.
Kedrion, come leggiamo dal loro sito ufficiale, è «un’azienda internazionale che raccoglie e fraziona il plasma umano al fine di produrre e distribuire prodotti terapeutici plasmaderivati da utilizzare nel trattamento di malattie, patologie e condizioni gravi quali l’emofilia e le immunodeficienze».
Nel sito di Kedrion leggiamo un comunicato del 7 aprile 2020 dove annuncia la donazione gratuita di attrezzature e kit per gli ospedali di Mantova e Pavia:
In attesa dell’avvio della produzione industriale sono molto positivi i risultati registrati dalla somministrazione di plasma iperimmune da convalescente a pazienti con COVID-19 in condizioni critiche effettuato da alcuni centri in Lombardia. In questi casi Kedrion Biopharma ha fornito e installato a tempo di record dispositivi capaci di trattare il plasma da soggetti COVID-19 convalescenti, inattivandolo viralmente in modo da poterlo infondere in sicurezza in pazienti in condizioni critiche. I centri trasfusionali di Mantova, Padova e Pisa hanno ricevuto gratuitamente la strumentazione per questa procedura, unitamente ai kit utili alla preparazione di circa 3.200 unità di plasma convalescente. I centri che hanno già a disposizione le macchine si stanno dotando dei kit necessari per l’inattivazione virale del plasma. Un protocollo clinico-sperimentale è stato già sviluppato dal Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale del San Matteo di Pavia in collaborazione con altre strutture come quelle di Lodi e Mantova, e dall’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova.
Per aumentare la disponibilità di plasma da convalescente – principale alleato nella lotta a questa epidemia infettiva – Kedrion Biopharma metterà a disposizione del Servizio Trasfusionale Italiano le proprie tecnologie per realizzare l’inattivazione virale e i test aggiuntivi richiesti, incluso il titolo degli anticorpi totali e neutralizzanti specifici.
Il procedimento potrà essere effettuato presso lo stabilimento produttivo di Sant’Antimo (Napoli), dove il plasma da pazienti Covid-19 convalescenti verrà analizzato per la presenza di virus trasmissibili con il sangue e trattato con solvente/detergente (S/D) per eliminare qualsiasi virus. In un prossimo futuro, con la disponibilità presso i Servizi Trasfusionali di test per titolazione di anticorpi anti-SARS-CoV-2, potrebbe essere utilizzato anche il plasma di donatori COVID-19 asintomatici e divenuti negativi alla PCR.
C’è da dire che questa pratica era nota fin dagli inizi grazie alle notizie arrivate dalla Cina. Per quanto riguarda Mantova e Pavia se ne parlava a marzo 2020 come riportato da Repubblica nell’articolo intitolato «Coronavirus, plasma dei guariti per curarlo»:

IN CONCLUSIONE: SI TRATTA PUR SEMPRE DI UN PRODOTTO DA LABORATORIO TRATTATO LAVATO E DISINFETTATO, OGNI CORPO E’ DIVERSO, UN RH NON DETERMINA CHE SIA COMPATIBILE… E GLI EFFETTI COLLATERALI SONO IRREVERSIBILI… NESSUNO VIOLI IL MIO CORPO!!!

 

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